“Generazione X”, “Millenials, e ora “Generazione Z”: Come cambia l'approccio al lavoro nel passaggio da una generazione all'altra?
Per qualsiasi dipartimento HR di qualsiasi azienda, è fondamentale essere in grado di analizzare e anticipare le tendenze delle generazioni più giovani, saperle studiare adattando e modificando lo sguardo: l'approccio al lavoro della “Generazione Z” non si può comprendere usando i parametri validi per le “Generazione X” e per i “Millenials”, che queste aziende le hanno create e gestite fin qui (e ancora ne occupano i ruoli principali).
A partire dal 2019 la “Generazione Z” entra sempre più massicciamente nel mondo del lavoro: quali sono le caratteristiche principali di questi nuovi lavoratori, e le differenze con la generazione precedente?
1) Prima un po' di chiarezza: cosa si intende per “Generazione X”, “Millenials” e “Generazione Z?”
La “Generazione Z” comprende i nati tra il 1996 e il 2010 (e quindi i lavoratori nati tra il 1996 e il 2006), i “Millenials” sono i lavoratori nati tra il 1981 e il 1995, mentre la “Generazione X” comprende i nati tra il 1960 e il 1980
2) Qual è la principale differenza tra i “Millenials” e la “Generazione Z” nell'approccio al lavoro?
Il problema chiave dei “Millennials” (meno avvertibile in Italia per via di un mercato del lavoro pesantemente condizionato da un mix letale di assistenzialismi e carenza di posti di lavoro) era ed è la loro “infedeltà” e la domanda di flessibilità: considerando che si tratta di una generazione ancora più numerosa dei “millennials”, la speranza degli osservatori interessati è che la generazione Z sia più ordinata e gestibile di quella che la precede.
In questo senso, diverse statistiche sembrerebbero suggerire una maggiore stabilità emotiva e un orientamento etico e valoriale più forte, per esempio evidenziato di recente anche dalle varie manifestazioni sulla sostenibilità e sul cambiamento climatico.
3) C'è uno studio o un'indagine particolarmente interessante sul tema?
Tra i vari studi svolti sul tema, “Linkedin Learning” ha fatto un’analisi attraverso i suoi canali, con un questionario su un campione americano di 400 professionisti dell'apprendimento e delle risorse umane presso piccole, medie e grandi aziende, e su oltre 2.000 lavoratori della “Generazione Z”.
Un primo segnale interessante sta nell'analisi che sul tema delle skills:
- Il 76% dei professionisti della “Generazione Z” ritiene che le competenze necessarie nella forza lavoro di oggi siano diverse dalle competenze necessarie nelle generazioni passate
- La maggior parte della “Generazione Z” (59%) non ritiene che il proprio lavoro esisterà nella stessa forma tra 20 anni
Un altro studio interessante è stato realizzato da Adecco Group, che ha coinvolto 5000 persone e che riguarda il concetto di leadership: come la "Generazione Z" immagina i leader e i CEO nel 2050? Due considerazioni degne di nota, riguardo la leadership e la formazione:
- Secondo i 70% degli intervistati, i leader del futuro presenteranno più competenze traversali rispetto a quelle tecniche, in particolare la capacità di gestire un team, l'empatia, abilità comunicative e creatività: secondo gli intervistati, attualmente la maggior parte dei manager e dei leader non possiede queste qualità
- Secondo il 51% degli intervistati ritiene che la Laurea non sarà necessaria per diventare un CEO, il 55% afferma sono più utili apprendistati e apprendimento esperienziale, il 23% sostiene che ci si può formare adeguatamente attraverso corsi online e tecnologie "Boot Camp".
Questi studi dimostrano quindi quanto sia cambiata, da una generazione all'altra, la percezione sulle abilità necessarie nel mondo del lavoro, sulle forme di leadership e sull'importanza della formazione.
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