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Smart Working futuro del lavoro o risorsa temporanea min

In questo momento di grave emergenza sanitaria - dovuta dal diffondersi a livello mondiale del Sars-CoV-2, anche detto Coronavirus - sempre più lavoratori si stanno preparando a spostare la propria postazione operativa dall’ufficio alle mura domestiche. Parliamo insieme del fenomeno dello smart working.

Che lo smart working piaccia oppure no, il decreto ministeriale del 19 ottobre e il nuovo DPCM pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 4 novembre, raccomandano fortemente l’utilizzo di questa modalità da parte dei datori di lavoro privati e pubblici. Nello specifico, se prima si incentivava un impiego del lavoro agile al 50% per i dipendenti delle PA ora tale percentuale rappresenta una soglia minima sotto la quale non è consentito scendere.  

Secondo le ultime stime dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, sono oltre sei milioni e mezzo gli italiani che sono passati al lavoro agile durante le fasi di lockdown e le stime prevedono che al termine dell’emergenza solo una piccola parte tornerà a lavorare come prima. D’altronde anche a settembre, quando si pensava che il peggio fosse passato, più di 5 milioni di lavoratori non sono rientrati in ufficio. Alla luce di quanto evidenziato sorge spontanea una domanda, lo smart working rappresenta un’esigenza temporanea per contenere il contagio o una nuova innovativa concezione del modo in cui intendiamo il lavoro?

A dirla tutta, lo smart working non è una novità dei giorni nostri: nel contesto internazionale è stato il Regno Unito che per primo ha concesso questa modalità di esecuzione del lavoro nel 2014. Tre anni dopo tale concetto è stato riconosciuto anche in Italia con il nome di “lavoro agile” attraverso la legge n.81/17. Tuttavia, è solo in relazione all’emergenza Coronavirus che tale modello di organizzazione del lavoro ha preso piede in modo così rilevante, a partire dal decreto legge del febbraio 2020, il quale ha automatizzato il ricorso allo smart working per le aziende ubicate nelle zone a rischio con l’opportunità di poter svolgere l’attività lavorativa a distanza.

 

Approccio al lavoro agile

Inizialmente erano tanti gli scettici a riguardo: in molti credevano che la concentrazione - e di conseguenza la produttività - ne avrebbe risentito negativamente. Molte imprese si sono trovate impreparate, senza saper come affrontare la situazione in modo ottimale: d'altronde la pandemia ha costretto aziende e pubbliche amministrazioni a cambiare in modo improvviso l’approccio al lavoro, a sperimentare un diverso modo di lavorare prima non contemplato. 

A differenza di quanto si pensava, secondo una recente ricerca condotta da Microsoft, ben l’87% dei lavoratori italiani in smart working ha riscontrato una produttività pari se non addirittura maggiore rispetto a quando lavorava in ufficio. Pare che evitando i trasferimenti, in macchina o con i mezzi pubblici, la stanchezza e lo stress siano inferiori, e che quindi aumentino il tempo e l’impegno dedicati al lavoro. Un ulteriore aspetto positivo che deriva da tale situazione è il miglioramento delle competenze digitali dei lavoratori, costretti a sperimentare nuove tecnologie per lo svolgimento del proprio lavoro da remoto. 

Tuttavia, non sono mancati gli aspetti negativi: circa il 29% dei lavoratori ha incontrato difficoltà nel separare il tempo del lavoro da quello privato lavorando da casa. Si pensi ad esempio a chi ha figli e deve rimanere concentrato nel proprio lavoro senza lasciarsi distrarre da ciò che accade intorno a sé. Inoltre, lavorare in differita può aumentare il senso di solitudine ed isolamento: la mancanza di occasioni di confronto e di socializzazione con i colleghi può portare a delle ricadute psicologiche sui lavoratori in smart working. Problemi che comunque possono essere facilmente risolti con l’ausilio dei dispositivi mobili per le chiamate vocali e di programmi per le videochiamate.

 

Lavorare nel futuro

Sostanzialmente, dopo diversi mesi di sperimentazione di tale modalità lavorativa, si può affermare che lo smart working funziona: nonostante ci siano ancora delle piccole realtà che lo considerano come una risorsa imposta e temporanea, dall’altro lato moltissime aziende hanno preso consapevolezza delle opportunità e dei vantaggi che offre. Eppure, è possibile - anzi, molto probabile - che lo smart working come lo conosciamo noi si trasformi ancora e ancora nel tempo. 

Di fatto finora non c’è stato un vero e proprio smart working, ma una forma forzata di adattamento del lavoro in ufficio dentro casa. Una sorta di telelavoro, che prevede gli stessi orari e che si svolge sempre nello stesso luogo diverso dal proprio ufficio (in questo caso le mura domestiche). Concetto ben diverso è invece alla base del vero e proprio smart working: nessun vincolo di orario o di luogo di lavoro, il lavoratore può scegliere di svolgere le sue mansioni dove vuole, con gli orari che preferisce e procedendo per obiettivi. 

È chiaro che il mondo del lavoro si sta sempre più accorgendo delle potenzialità del  lavoro agile, come è chiaro che lo smart working del futuro sarà diverso da quello odierno, che risulta più simile ad una sorta di telelavoro. Che lo si voglia o no, è molto probabile che vivremo dei cambiamenti nel prossimo futuro sotto il punto di vista lavorativo: non resta che prepararsi ad accettare tali innovazioni con approccio positivo e spirito di adattamento. 

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